Qualche giorno fa ero intento a organizzare la programmazione editoriale del blog dell’agenzia; ero lì, con il mio mac aperto su word e prendevo appunti sulle prossime interviste da fare, con una tazza di caffè fatta con una modesta macchina a capsule. Mentre lo sorseggiavo pensavo al fatto di avere la risposta giusta davanti agli occhi e il sapore nel palato. Avrei parlato del caffè nel prossimo articolo. E ovviamente, quando si parla di caffè, ma soprattutto di un ottimo caffè c’è un nome principalmente che viene in mente: FRESCO.
Apro Messenger e contatto Mimmo, al secolo Domenico Guadagno, titolare del Bar Fresco di Saviano, un ridente paesino nella provincia napoletana. Ho detto ridente, me ne rendo conto, è sempre un aggettivo che mi è piaciuto utilizzare per descrivere il posto dove abito. Comunque, non perdiamoci in chiacchiere, dicevo che apro messenger e contatto Mimmo per proporgli un’intervista, una chiacchierata davanti ad un buon caffè. Appuntamento venerdì 19 novembre alle 18. Andata, fissata in calendario.
Eccomi qui, in anticipo come sempre, in modo tale da non dover andare di fretta. Quando si entra in questo bar hai sempre l’impressione di entrare in un luogo familiare, dove cortesia, simpatia, attenzione rappresentano la normalità, dove anche il semplice “come stai” è davvero qualcosa di sentito, vero.
Ed eccolo lì, a lavoro dietro il bancone a prendersi cura dei propri clienti, il buon Mimmo.
Mimmo, innanzitutto grazie mille per il tuo tempo e la tua cortesia. Iniziamo con una domanda semplice semplice: chi è Mimmo “Fresco” Guadagno?
[ride] Chi è Mimmo Fresco. Mimmo Fresco è un umile operaio, mi identifico così, che ha tanta voglia di lavorare e ha tanta voglia di imparare ancora. Ho appena 51 anni, faccio questo lavoro da 40 anni circa sempre alla ricerca dell’innovazione e dell’informazione per poter dare sempre un prodotto migliore di quello che ha preso il cliente il giorno prima. Anche se ormai non definisco più clienti le persone che passano da me ma amici
Lo scrittore Fabrizio Caramagna definisce così il bar:”Bar. Il tintinnio delle tazze. Il vocio della gente. Il barista che sorride. Abitudini e traiettorie diverse che per un attimo si incrociano e si guardano. Il calore che spande un bar è una dote preziosa per tutti.
La domanda che ti pongo è la seguente: quanto è importante per te e per lo staff il rapporto con i clienti.
Eh, per noi il rapporto con il cliente è fondamentale al punto da metterlo come primo step nella mia attività. Il cliente quando entra deve essere accolto in un certo modo, deve esserci il piacere reciproco di vederci, una cosa che non finisce solo nel prendere una tazzina di caffè.
Mentre parliamo mi prepara il suo caffè macchiato, la sua specialità, uno dei fiori all’occhiello del suo lavoro e della sua attività. E ovviamente non manca di lasciare la sua impronta, la sua piccola opera d’arte con cioccolato fuso e un cucchiaino sulla schiuma del latte. Anche quando un cliente entra la domanda che si pone è quella: facciamo un bel macchiato?
Potremmo quasi dire che i nuovi clienti, quelli che si avvicinano la prima volta, sono qui in realtà perchè qualcuno gli ha parlato del caffè che fa Fresco. Un marchio di fabbrica, non c’è che dire. Mentre lo gusto, gli chiedo come è nata la sua passione e qual è stato l’iter professionale e formativo per esser definito, a pieno titolo e ragione aggiungerei, artista del caffè e del Latte Art.
Allora, io sto notando che ultimamente la Latte Art sta spopolando in tutte le caffetterie d’Italia e qualcuno ci specula tantissimi soldi. Ovviamente, la Latte Arte nasce come esigenza di offrire un cappuccino o un caffè macchiato creato in un certo modo, non a caso Art vuol dire realizzare un cappuccino “artistico“ però, purtroppo, come dicevo, quello che ho notato è che si dà troppo all’arte tralasciando il prodotto vero e proprio.
Chi prende un caffè macchiato deve avere il piacere di bere una schiuma di latte bella densa, colorata, chiara, senza bolle, cosa che spesso mi è solito vedere in altri bar che riscaldano tantissime volte il latte; stessa cosa accade con il cappuccino, che è dotato di una sua storia. Se io voglio prendere un caffè latte o un cappuccio fatto male tanto vale far colazione a casa. La schiuma deve essere bella densa, spumosa, la giusta temperatura con la giusta dose di caffè all’interno.
Poi, per non lasciare in sospeso il discorso della Latte Art, io ho cercato di creare il mio cappuccio così come il caffè macchiato in modo artistico, non abbandonando il gusto del caffè; basti pensare che qualcuno usa polverine colorate, surrogati della frutta o altri prodotti per creare dei disegni particolari, ovviamente si può fare ma poi viene a mancare l’essenza, ossia il gusto del caffè o del cappuccino. Io ho messo l’ABC, ossia il caffè, l’acqua, lo zucchero, il cacao, che usiamo da tantissimi anni, senza invadere il gusto di ciò che stiamo in realtà bevendo.
Ritorniamo un attimo al caffè, all’aroma e alla qualità. Sembrerà una domanda banale ma vorrei sapere la scelta che effettui sul caffè. Molti magari spesso finiscono con lo scegliere quello magari con la fornitura più economica. Qual è quindi il tuo processo di selezione?
Il mio processo di selezione è caratterizzato da quelle che definisco le 4 M: in primis la Miscela, un prodotto che abbia almeno il 75-80% di arabico che rappresenta “il caffè più caro e pregiato” che abbiamo attualmente. Purtroppo nelle nostre zone è difficile da bere in quanto contiene una piccola % di caffeina e noi amiamo il caffè più corposo, più scuro; per cui ci vuole una buona percentuale di Santos o di Robusta per rendere completa una tazzina di caffè.
Ritornando al discorso delle 4 M, non bisogna fermarsi solo alla miscela del caffè che rappresenta il punto cardine ed è disponibile in così tante varianti, soprattutto dal punto di vista economico con costi che partono dalla A e finiscono alla Z. Per concludere, per proporre una buona tazzina di caffè bisogna considerare le 4 M, come dicevo prima. La prima è la M di miscela, la seconda è la M di macchina del caffè, la M del macinino, e infine il manico, ossia colui che lo prepara.
Come si fa a non prendere con il cucchiaino la parte finale del caffè? Dove cremosità e sapore si sposano in un perfetto matrimonio di gusto.
Il caffè è il balsamo del cuore e dello spirito.
(Giuseppe Verdi)
Finalmente, dopo un periodo di stop forzato a causa della pandemia dovuta al Corona Virus, già da un bel po’ l’attività lavorativa è ritornata quasi alla normalità. Come avete affrontato questo periodo e quali sono state le misure che avete adottato?
Le misure che abbiamo adottato sono state quelle dettate dalle istituzioni e nel nostro caso, dalla Regione Campania. Ci siamo comportati in base alle zone: gialla, rossa, bianca. Siamo stati costretti a servire il caffè all’esterno dell’attività mettendo un banale tavolino a ostruzione dell’ingresso dove portavamo il caffè in monouso al cliente. Uno degli operatori portava il caffè fuori al cliente che doveva poi andare via e consumarlo altrove.
Poi siamo passati all’avere il distanziamento direttamente nel locale, consentendo l’ingresso di massimo tre persone alla volta al bancone, in base alle dimensioni della mia attività; poi si è passati ad un’altra fase dove le persone potevano ritirare il caffè al monouso e consumarlo all’esterno; praticamente c’è stato da impazzire.
In definitiva posso dire che questo periodo mi ha fatto capire che una scossa, dopo 25 anni di attività, c’è stata; c’è stato il cliente affezionato che ci ha dato una mano consumando, venendo in ogni caso da noi oppure ordinando telefonicamente. Diciamo che nella cosa, nella situazione brutta riesci a capire tantissime cose, ossia che effettivamente hai lasciato qualcosa in questo paese.
Daniele, Pina, Gelsomina, Rosanna, Angelo, Tonia, Eugenio. Prima abbiamo parlato dello staff e di quanto tutti siano attenti ai dettagli, anche quelli che agli occhi dei clienti possono magari risultare superflui. Il tuo staff è praticamente una famiglia ma non solo dal punto di vista proprio di parentele o altro, ma è l’atteggiamento, quello che si percepisce da noi clienti, penso sia l’arma vincente della caffetteria Fresco. Come ci si trova a lavorare con la famiglia e che qualità e caratteristiche deve avere un dipendente/collaboratore?
Noi, come famiglia, al bar non siamo una famiglia, o meglio. C’è ancora gente che viene da me che dice: ma quella è tua moglie?Visto che lavora con me. Noi abbiamo messo dei paletti, ossia al bar siamo dei colleghi di lavoro. Ma non siamo parenti e non c’è nessun rapporto di parentela. Quello che poi ho chiesto di più, per esempio a Tonia, è stato il rispetto di quelli che entrano nel bar. L’educazione e il rispetto. Questo è il fondamento che ho dato, a parte ovviamente la preparazione tecnica e professionale di quello che stiamo proponendo.
Manca un mese a Natale. Di solito Fresco ci delizia con un prodotto particolare. Quest anno lo riproporrete o farete qualcosa di diverso?
Certo, quest’anno riproponiamo il nostro Panettone, ripieno di gelato, una tradizione di venticinque anni di preparazione che risulta molto piacevole ai nostri clienti, sempre più numerosi a richiederlo.
Siamo in dirittura finale e ti faccio una domanda di routine, che amo sempre fare. Come ti vedi da qui a 10 anni?
Da qui a dieci anni?
Si, preferisci di meno?
Meglio di dieci anni fa [ride] Posso dirti solo una cosa: Senza il mio lavoro non riesco a stare
Grazie mille Mimmo.
Grazie a te.
L’intervista è finita ed io esco dal bar con il sorriso sulle labbra o con una risata per uno scambio di battute con Mimmo o il resto della ciurma e con un pensiero fisso nella testa, ossia che amare il caffè e il proprio lavoro è una vera forma d’arte.